L’Insegnamento Profondo della Haţhapradîpikâ
Trascrizione della Relazione tenuta da Yogâchârya Mario Verri Fondatore e Maestro del Centro Pûrņa Yoga alla Conferenza Mondiale dello Yoga, il 18-20 settembre 2009 a Roma, Auditorium S. Domenico.
Sono Mario Verri, pratico e insegno Yoga al Centro Pûrņa Yoga di Roma diretto e fondato fin dal 1973.
L’insegnamento poggia sulla forza delle tradizioni antiche e originali dello Yoga che hanno nei testi classici il principale riferimento. Le diverse vie dello Yoga sono sperimentate e vissute nella loro interazione armonica, per realizzare “Pûrņa”, la completezza dell’essere. Infine, mi onoro di avere conosciuto molti maestri di Yoga importanti tra cui Guru Ambu e il Dott. Manohar L. Gharote. L’argomento trattato nel corso di questo evento, ha come tema centrale “Lo Yoga ricondotto allo Yoga”, e questo come si ottiene se non attraverso l’autentica Unità? Tale trattazione, come si può intuire, richiede un grande impegno.Come si può, infatti, intendere al meglio possibile tale osservazione?
Come possiamo illuminarci e illuminare per ritornare allo Yoga delle origini? E’ di questo, in realtà, che si tratta: comprendere sempre di più e sempre meglio il messaggio che tanti autorevoli yogin ci hanno tramandato.
Se andiamo ad analizzare ciò che gli antichi veggenti e ricercatori dello Yoga, intendevano riguardo ad alcuni punti importanti, come ad esempio: il corpo umano, la colonna vertebrale, il movimento naturale del corpo e le nâdî, citati nella Haţhapradîpikâ, beh! C’è da rimanere stupefatti per la conoscenza illuminante, palese o occulta, che si offre all’occhio sereno del ricercatore.
Prima di addentrarci nel tema di questa relazione, è bene fornire alcune delucidazioni riguardo al testo indicato precedentemente (cioè HP). Dovendo trattare in questa sede, dello Yoga delle origini, abbiamo scelto quest’opera perché il suo contenuto, a nostro avviso, è veramente eccezionale, sebbene, a tale riguardo, vi siano testi altrettanto validi, come gli Yoga-sûtra e la Bhagavad-gîtâ.
La Haţhapradîpikâ, che significa “La Chiara Lanterna dello Haţha”, è un testo sullo Yoga scritto nel 1350 d.C., ne esistono diverse versioni. Quella presa qui in esame è una delle più autorevoli ed è stata pubblicata nel 1970 dal famoso Kaivalyadhâma Institute di Loņâvlâ. Essa consta di cinque capitoli e 409 śloka.
Possediamo un’altra versione dell’HP, pubblicata dal Loņâvlâ Institute, suddivisa in dieci capitoli e 626 versetti.
Un’altra versione, veramente monumentale, è invece quella del Râjasthâna Institute, Ms n° 6756, che comprende ben 1553 versetti, suddivisi in sei capitoli.
Alla luce di quanto riportato, appare evidente che i manoscritti citati probabilmente fanno parte di un testo e di una Scienza dello Yoga molto più ampia e molto più profonda di quanto fin qui supposto e praticato.
E’ innegabile, quindi, che indagare, ricercare e praticare profondamente è il minimo che si possa aspettare da seri ricercatori dello Yoga. Detto questo passiamo ad esaminare, per quanto possibile, i punti sopraccennati.
I° Punto – Il CORPO UMANO
Si osservi subito una singolarità: nella lingua italiana e in diverse altre, esistono solo due parole per indicare pienamente il complesso corporeo dell’uomo, il terminecorpo e il termine organismo, mentre nel testo della Haţhapradîpikâ, redatto in lingua sanscrita, troviamo diversi termini illuminanti come Deha, Kaya, Śarîra, Piņda, ecc., fino ad un totale di dieci termini. Si noti ancora che il sanscrito, la lingua parlata dagli dei, usa un linguaggio molto raffinato e facendo un esempio, possiamo osservare che la parola “go”, la quale indica la mucca, sta a significare anche bue, latte, pelle, corda dell’arco, cantore, cielo, fulmine, terra, bestiame, stelle e raggi di luce. E’ semplicemente stupefacente che tale lingua possa avere una così grande ricchezza di concetti, per cui diventa evidente che i suoi termini hanno diversi e funzionali significati, perciò ogni singola parola deve essere intesa sia nella sua unicità sia in rapporto all’intera frase in cui è inserita. Ora, se ogni parola è usata in un contesto preciso e in una maniera profondamente appropriata, essa deve essere studiata a partire dalla sua radice.
Prendiamo in esame la parola Deha.
Deha viene dalla radice “DIH” che sta per “Consacrare, Spalmare”. Il significato profondo che ci trasmette questo termine è molto semplice e chiaro. In ogni nostra attività, non solo durante le “lezioni” di Yoga, ribadisco, in ogni nostra attività, occorre prima di tutto consacrare, rendere sacro ciò che ci accingiamo a fare e quindi possiamo poi spalmare ben bene sia l’azione sia il beneficio che ne deriva. Vi sembra che l’uomo di oggi sia attento a Consacrare ogni suo atto?
II° Punto – La COLONNA VERTEBRALE o MERUDAŅDA
Normalmente si tratta abbastanza bene la colonna vertebrale ma in realtà, in occidente non si va oltre l’aspetto anatomico e fisiologico. In effetti a ben vedere
esistono cinque Merudaņda, la vertebrale, l’energetica, la mentale, l’intelligente e la gioiosa. Tutte queste sono in relazione alle varie guaine o Kośa.
La Colonna Vertebrale è l’Asse Portante del corpo umano e svolge nello stesso tempo funzioni di stabilità e mobilità, di flessibilità e solidità, di resistenza e adattamento, nonché di sostegno (polmoni) e di protezione, dato che contiene e protegge il Midollo Spinale e le radici dei Nervi Spinali, permettendo inoltre un solido ancoraggio delle apofisi ossee ai muscoli del tratto dorsale.
Essa è sostenuta dal Bacino il quale riveste un ruolo molto importante per possedere una posizione equilibrata del corpo, mentre alla sua sommità si trova la Testa. Stando così le cose non è possibile manifestare un’azione appropriata ed equilibrata senza che ci sia un controllo profondo delle Articolazioni del Bacino, visto che lo stesso risulta essere il Motore del Corpo.
Allora la schiena dovrebbe essere vigorosa, potente e di grande sostegno, con una Colonna che si distende flessibilmente, e l’Addome dovrebbe risultare un complesso di muscoli tonificati naturalmente.
Ciò che ci interessa sottolineare riguardo la Colonna è una risposta che si può e si deve dare ad una domanda semplice e intelligente:
“Perché si deve mantenere la Colonna Vertebrale perfettamente allineata?”
“Perché il perfetto allineamento richiede il minimo impegno e garantisce la massima stabilità”.
Abbiamo voluto insistere su questo punto poiché è importantissimo. Nella nostra esperienza, avendo visionato e sperimentato moltissimi allievi, abbiamo notato molte difficoltà a “sentire” la vera Colonna e questa può essere realizzata solamente allineandola perfettamente e facendola diventare un Asse compiuto. Se si parla di Asse compiuto, ciò significa che occorre attraversare diversi livelli di Conoscenza; la Colonna, vista così, è allora un Sistema Vivente di Intelligenza Sapienziale, un continuo aprirsi, strato dopo strato di Conoscenze ed Evoluzioni.
Per cui, concludendo, il passaggio alle altre Colonne, citate in precedenza, pretende l’Allineamento e la Sottigliezza Anatomica.
Vediamo ora il III° Punto, MOVIMENTO e POSTURA
Vorremmo considerare gli Āsana, che sono Modelli Corporei, inscritti nel cervello, come qualcosa di molto più vasto e profondo, che non sia soltanto l’esecuzione delle Posizioni Yoga, ma qualcosa che ha a che fare sia con l’aspetto Statico dell’energia che con l’aspetto Dinamico. Solo in questo modo è possibile vivere la pienezza energetica che non deve privilegiare ne l’uno ne l’altro aspetto.
Difatti “la Positura, poi divenuta Postura, è la Posizione del corpo nello spazio, sempre sottoposto alla forza di gravità, le cui influenze sono utilizzate dall’intero sistema neuromotorio con il quale interagisce sia nella Statica che nella Dinamica con il minimo dispendio di energia”.
Perciò, per quanto attiene il Movimento dovremmo interrogarci su cosa sia la Postura e cosa sia la Posizione, dato che molti pensano che la Postura riguardi solo un atteggiamento statico. Ma ciò porta del tutto fuori strada poiché la Postura ha tutt’altro significato e valenza, in quanto attiene sia alla Statica che alla Dinamica. Se si osserva una persona che sta diritta e allineata con la verticale la si ritiene in possesso di una adeguata Postura, mentre, diverse volte succede che si assuma un’ottima Posizione e simultaneamente un’ inadeguata Postura; perché questa riguarda anche e piuttosto il modo con cui si adotta una determinata posizione, che sia o non sia corretta. La Posizione, invece, è riferita alla individuazione e alla definizione di differenti aree corporee.
Quel che bisogna comprendere è che occorre aumentare il livello di rilassamento profondo del corpo/mente così da utilizzare solo ciò che serve, cioè eseguire movimenti economici e precisi e nel momento appropriato. Difatti la Postura comunica il modo di eseguire i movimenti, inglobando motivazione, senso e modalità d’esecuzione, nell’esatto istante in cui la si effettua: essa indica il legame esistente tra intenzione ed esecuzione di un movimento, la maniera in cui le differenti aree del corpo risultano correlate nel conseguire un “cambiamento o mantenere uno stato”. Bisogna quindi sviluppare una fine abilità per realizzare ciò che si deve fare, conoscere profondamente quali parti del nostro corpo entrano in azione e coordinare fluidamente il sistema muscolare.
Le Posture meno appropriate eppure comuni sono quelle che adottiamo quando siamo sotto il gioco di forti emozioni. Difatti il rapporto tra una buona Postura e l’Equilibrio, cioè con la calma mentale ed emotiva, è in pratica un eccellente mezzo per valutare se una posizione è efficace. Pertanto non sono compatibili con una funzionale Postura, né un’eccessiva o flaccida tensione muscolare, né un forte impatto emotivo.
Anche qui abbiamo visionato e “sperimentato” moltissimi allievi notando difficoltà a muoversi e a mantenere le posizioni in maniera intelligente. Detto in altri termini, il movimento “deve iniziare dalla fascia della vita”, parlo in generale, deve utilizzare i muscoli appropriati e deve cessare nell’esatto istante in cui non ha più alcuna utilità. La conoscenza del corpo deve essere profonda, cioè occorre utilizzare i muscoli superficiali che sono per il dinamismo e quelli profondi che sono per la stabilità. Così, quando si eseguono le Posizioni Yoga occorre tener conto “intelligentemente” dell’intero Percorso e non solo della Posizione.
Riflettendo profondamente su quest’ultima frase comprendiamo concretamente quello che occorre sviluppare per una funzionale Rieducazione Posturale, che tenga conto sia della Statica che della Dinamica, e cioè in pratica, della Luna e del Sole. I passi da seguire sono:
1) Bilanciamento Strutturale.
- Sviluppo di un Asse Centrale Verticale.
- La struttura ossea “sostiene” il lavoro muscolare.
- Le ossa si “sostituiscono” ai muscoli.
- Swarûpa âsana – La forma essenziale.
2) Bilanciamento Energetico o Pranico.
- Il Prâņa viene usato per andare oltre le ossa.
3) Bilanciamento Mentale.
- Dominio della Luna e del Sole.
IV° Punto – Le NĀDĪ.
Veniamo al punto finale di questo saggio, le Nâdî. Come abbiamo visto all’inizio, una Colonna Vertebrale completamente sviluppata partecipa di più componenti, che nello Yoga sono le cinque Dimensioni esistenziali, altrimenti dette Kośa. Ottenuta che sia la connessione strutturale della colonna e del corpo, ne conseguono le altre connessioni, dall’energetica alla gioiosa. Qui entriamo nel campo sottile che deve essere esplorato e conquistato pienamente. Così il fatto di allineare le altre colonne porta ad un lavoro di riordino sottile di tutti i componenti “interni” dell’essere umano. Ricordiamo, a tal proposito, i Tattva o Principi di Realtà, del sistema Sâmkhya. Così vengono ad essere allineati tutti i Tattva della Prâkŗti, da Pŗthvi fino a Buddhi.
Per allineare in profondità tali incredibili Principi la Haţhapradîpikâ delinea un Modello ad un tempo semplice e meravigliosamente efficace. Tratta di Yama eNiyama, Āsana, Śaţ-karma, Prâņâyâma, Mudrâ-Bandha, Nâdânusandhâna eKuņdalinî. Dato che parliamo di Nâdî vediamo cosa ci dice al riguardo, il saggio Swâtmârâma-ji. Egli afferma:
“II-5 – E’ solo quando tutto l’insieme delle Nâdî, che sono di solito piene di impurità, è purificato, che lo yogin diventa capace di regolare il Prâņa.
II-6 – Perciò il puro di cuore dovrebbe praticare regolarmente il Prâņâyâma affinché siano rimosse tutte le impurità contenute nella Nâdî Suşumņâ.
II-10 – Il Prâņa si deve inalare attraverso Īdâ ed esalare da Pińgalâ, poi esalarlo dall’altra prendendo l’aria attraverso Pińgalâ, trattenendola, ed esalandola quindi dalla sinistra.”
Occorre fare chiarezza. Questa Scienza Yoga, dei tempi antichi, si avvale ed è una sintesi mirabile di Yoga, Ayurveda, Alchimia e Studio degli Accadimenti Celesti. Per rendersi conto di tutto questo basta studiare profondamente i termini sanscriti usati. Vediamo più in dettaglio.
Nel primo versetto viene posta in essere l’importanza della śuddhi o purificazione ditutto il sistema sottile delle nâdî e dei cakra. Śuddhi sta per purificazione, Sarvamè uguale a Tutto, Nâdî sta per Flusso, Mala o Impurità, vienedalla radice MRJ significa “ciò che deve essere eliminato”. Solo quando l’intero complesso delle nâdî è stato purificato con l’eliminazione delle impurità o mala, allora lo yogin ha il controllo globale (Prâņasańgrahana) su tutti gli aspetti del Prâņa; solo allora è in grado di contenere integralmente il Prâņa e di agire con somma efficacia.
Nel secondo versetto Swâtmârâma-ji ci indica che bisogna praticare regolarmente il Prâņâyâma, affinché siano rimosse tutte le ostruzioni contenute nella Nâdî Suşumņâ – E qui Swâtmârâma-ji insiste che bisogna essere puri di cuore e che le impurità risultano essere nella Suşumņâ.
Il terzo versetto – Vediamo i termini chiave.
Prâņa – Da Pr(a)-âņa = “Prima Unità”, e anche “Respirazione in Avanti”.
Īdâ – Da Id = Versare, è l’Ispiratrice.
Pińgalâ – Viene da Ping = La Rossa.
Recaka – Da Ric = Purificazione.
Pûraka – Da Pŗ = Riempire.
Suşumņâ – Significa “Piena di Beatitudine”.
Quel che ci preme sottolineare è che il saggio Swâtmârâma-ji usi ed indichi in progressione Īdâ e Pińgalâ, Candra e Sûrya, e via a seguire. Normalmente tutto ciò viene tradotto come narice sinistra, narice destra, luna, sole, ecc., ma ci si dimentica facilmente che gli antichi yogin, quando si riferivano all’attività respiratoria visibile, intendevano riferirsi contemporaneamente all’attività invisibile. Ci si dimentica, e lo ripetiamo, che tutto il percorso pratico dello yogin è un inoltrarsi progressivo in una sfera sottile fino a sfociare in ciò che è invisibile, eppure tremendamente presente, il Puruşa.
Che lo studio di molti testi Yoga e la conseguente pratica, sia stata fatta ad un livello appena un po’ più profondo della superficie, cioè il livello letterario, è cosa risaputa. Rimanendo allora in NŚ, questa non è una semplice tecnica di bilanciamento respiratorio e cerebrale – Essa deve essere ed è una prima purificazione globale del campo delle Nâdî! A questo proposito vi sono diversi livelli che, aggiungiamo, non sono stati presi tutti in esame:
- Utilizzare la narice sinistra e destra del naso, Savya e Dakşâ-nâdî.
- Risvegliare e utilizzare Īdâ e Pińgalâ Nâdî.
- Risvegliare e utilizzare Candra e Sûrya.
- Risvegliare e utilizzare i fiumi Gańgâ e Yamunâ, cioè i “Flussi”.
- Risvegliare e utilizzare le attività della Notte e del Giorno, Râtri e Divâ.
- Accedere, infine, alla Vita che scorre indipendentemente dalla tecnica usata – “Sentire” e perciò abbandonare le visualizzazioni.
Dai punti sopra riportati appare evidente una geografia del corpo sottile, una configurazione vivente di energie progressivamente risvegliate che ha dell’incomparabile. Swâtmârâma-ji ci sta mostrando, in questo momento, che nell’eseguire NŚ, occorre prima di tutto prendere coscienza dei flussi in generale di Īdâ e Pińgalâ Nâdî; quindi bisogna visualizzare i Dischi della Luna e del Sole, prendendo coscienza delle loro energie, come spiegato egregiamente nella Haţharatnâvalî; poi bisogna risvegliare i “flussi” specifici dei fiumi Gańgâ e Yamunâ; e infine occorre vivere in ogni singolo atto respiratorio le “attività” della Notte e del Giorno! Raggiunto codesto obiettivo il risultato che si ottiene è l’estrema rarefazione e bilanciamento del respiro/prâņa stesso, con la conseguente cessazione alternata e la trasposizione vitale e dinamica nella Suşumņâ, divenuta così, l’attivo Asse Spirituale. Questa Via di Mezzo, precisiamo, non è altro che il flusso risvegliato di Mahâ-śakti, che procede ad unirsi al suo sposo Śiva, la Coscienza Infinita! Ora è tempo di concludere questo nostro saggio, riassumendo i punti presi in esame.
Il primo è il Corpo Umano, che deve essere prima di tutto consacrato e spalmato in ogni attività.
Il secondo punto è la Colonna, un Asse vivente, il quale partecipa di dimensioni profondissime ed evolutive.
Il terzo punto, del Movimento, ci incita a vivere una Postura autentica e una Posizione Reale, unione perciò della Forza Statica e Dinamica.
L’ultimo punto è Nâdî Śodhana, che sintetizzato in poche profonde parole è il risveglio e la preparazione di un Cosmo da conquistare.
Così, questa è la conclusione di un’incredibile viaggio nella Haţhapradîpikâ, nello Haţha Yoga e nel Râja Yoga, i quali, come affermato dal saggio Swâtmârâma-ji non sono altro che un unico immenso Cammino!
Offerto ai piedi di loto del Signore Maheśwara